"British Columbia 3"


La natura veniva  percepita non solo come "naturale", ma come espressione del "sacro", qualcosa di indefinibile, potente e schiacciante, nei confronti del quale l'uomo prende coscienza della propria fragilità. Tutta la natura, tutto il mondo Il Campbell River sull'Isola di Vancouvervivente e  anche quello inanimato erano "sacri" per le comunità umane di allora, ma certi luoghi speciali erano eletti a dimora del "Divino" per la loro straordinaria bellezza: dimore abitate da esseri celesti, dei, dee, fauni, ninfe, elfi e gnomi che ne erano anche i custodi. Il "sacro", la presenza tangibile della "divinità", che i Nativi Americani definivano "Wakan Tanka" il "Grande Mistero", si manifestava quindi in maniera  particolare  nei fiumi, montagne, laghi, foreste, alberi e animali. Per gli Indiani delle Pianure i "Lakota-Siuok" erano sacre le Colline Nere, le "Paha-Sapa", le terre degli antenati, il centro del mondo, l'onphalos degli antichi greci, l'ombelico del mondo dove tutto ebbe inizio e dove tutto ritorna, che intere generazioni avevano frequentato in solitudine per comunicare appunto con "Wakan Tanka". Gli alberi venivano considerati "sacri" le foreste più belle e gli alberi più grandi e più vecchi erano  abitati da "spiriti" che alla morte della pianta sarebbero migrati in altri corpi, in un ciclo continuo e ininterrotto dove esiste solo l'unità del tutto:

"L'albero in sé considerato un corpo inerte era oggetto di una vera e propria adorazione -Dendrolatria- in quanto dimora di entità spirituali che sarebbero sopravvissute al vegetale e che avrebbero trasferito il loro "soffio vitale" in altri organismi. La stessa sorte sarebbe toccata agli spiriti che alloggiavano negli animali. Alla base di tutto stava l'idea di un ciclo di rigenerazione continua, capace di esorcizzare la paura della fine dell'esistenza".           
                                         Marco Paci -"L'uomo e la Foresta"

L'uomo così detto primitivo, completamente dipendente dalla natura non aveva altri strumenti per leggere la vita, perciò traeva dall'albero una identificazione simbolica, stabiliva cioè una relazione tra l'albero e se stesso, tra la realtà del mondo fisico che lo circondava e una forza superiore invisibile che lo trascendeva. L'albero con il suo perenne rinnovarsi, con le trasformazioni che subisce con il procedere delle stagioni suggerisce simbolicamente l'identificazione con il ciclo vitale dell'uomo.  La struttura dell'albero con le radici nella terra, il tronco ed i rami che si elevano verso il cielo ci parla di radicamento, di terra e di tutto ciò che a questa  può essere associato, come la discesa, il degrado, il mondo sotterraneo, gli inferi ma ci ricorda anche la crescita, lo sviluppo della coscienza e l'elevazione spirituale. Il pensiero simbolico  permetteva ai nostri lontani antenati l'identificazione con la natura, ponendoli in un rapporto armonioso con la vita dell'universo che per loro era pervaso da una energia divina e che attraverso potenti forze invisibili si trasmetteva a tutte le cose collegandole e facendoli sentire goccia nel grande oceano della vita, come scrive A.M.Finotti nel suo bel libro "Il canto degli Alberi".            

"Da sempre l'albero ha esercitato sugli uomini sensazioni di mistero e di sacro e il bosco è stato
 il primo luogo di preghiera. Dice Plinio nella sua Naturalis historia che "...non meno degli Dei,
    non meno dei simulacri d'oro e d'argento, si adoravano gli alberi maestosi delle Foreste".         
     Mario Rigoni Stern - "Arboreto salvatico"

"Probabilmente tra i Germani i più antichi santuari non erano che boschi Naturali"
J.Fraser - "Il Ramo d'Oro"

Per i Greci antichi ogni pianta era sacra a un Dio, così la quercia
era sacra a Zeus e l'alloro al solare Apollo".
       M.Paci -"L'uomo e la Foresta"

"Anche presso i Romani gli alberi avevano un ruolo analogo e ad esempio la quercia era non meno onorata che in Grecia. Il colle Celio a Roma, era chiamato anticamente "Mons Querquetulanus", "il monte del bosco di querce" e vi si adorava Giove, dio della quercia. A Roma i sette colli erano nei tempi antichi ricoperti da boschi di querce, sacri e dedicati a Giunone, la sposa di Giove. Il tempio di Vesta, era circondato da un boschetto di querce e il fuoco perpetuo doveva essere assicurato dalle sacerdotesse del tempio, le Vestali, con legno di questo albero. Sul Campidoglio, il primo tempio di Giove era stato edificato da Romolo presso una quercia da gran tempo venerata dai pastori. Sul Campidoglio salivano solennemente, in occasione del trionfo che celebrava la loro vittoria, i generali vincitori e gli imperatori, indossando la veste di Giove, presa a prestito per l'occasione dal grande tempio del dio che sorgeva appunto sul Campidoglio, mentre uno schiavo teneva sopra la loro testa una pesante corona di auree foglie di quercia dedicata a Giove Capitolino".   .........
                                                      J. Brosse - "Mitologia degli alberi"

Al tempo dei Romani il paesaggio italiano era estremamente diverso da quello attuale e "le opere di alcuni scrittori classici contengono molte allusioni a foreste italiche ora scomparse. Fino al IV sec a.C, Roma era divisa dall'Etruria centrale dalla temuta foresta del Cimino che Livio paragona alle selve della Germania". Per capire cosa fossero le foreste della Germania ricordiamo che: "fino al I sec. a.C  la foresta Ercinia con le sue querce di enormi dimensioni lasciate intatte dal trascorrere del tempo e originate insieme col mondo, si estendeva dal Reno verso oriente per un'immensa e sconosciuta distanza. Dei Germani interrogati a questo proposito da Cesare, risposero che avevano viaggiato per due mesi attraverso di essa senza trovarne la fine". Hercynia deriva da "perk", nome indoeuropeo per quercia.   J.Fraser -"Il Ramo D'Oro". Plinio.-"Storia Naturale". La foresta del Cimino, di cui parla Livio, sarà stata certamente di dimensioni più modeste rispetto alla foresta Ercinia dei Germani, ma in ogni caso le sue dimensioni dovevano essere piuttosto notevoli.

Nella mitologia dei paesi nordici ha un ruolo fondamentale il gigantesco frassino Yggdrasill che allarga le sue fronde fino al cielo e le sue radici si estendono attraverso tutti i mondi. E' un albero senza età e senza tempo che sopravvivrà a Ragnarock il "Crepuscolo degli Dei", la rovina della terra. Sotto le fronde di Yggdrasill troveranno riparo un uomo e una donna che ripopoleranno la terra dopo la sua distruzione. Siddharta Gautama, il futuro Buddha l'Illuminato, asceta errante si ritirò per meditare  in una foresta sacra dove vi era l'Asvattha, "l'Albero  Cosmico", alla cui base si trovava l'altare destinato al culto popolare degli Yaksa, le divinità della fertilità. Dopo le offerte rituali si sedette inL'autore con un Pink Salmon sul Lakelse River meditazione e decise che non si sarebbe spostato fino a quando non avesse compreso le ragioni della "Verità ultima"  sul destino dell'uomo. L'Albero sotto cui si sedette era un gigantesco banjan,
un Ficus religiosa, pipal o albero della Bodhi, cioè del Risveglio, dell'Illuminazione: un albero molto venerato nel mondo buddista. San Francesco invece si rifugiò nella foresta della Verna vicino ad Arezzo e in quel luogo selvaggio visse "in una celluzza povera ai piè di un faggio bellissimo". Francesco fuggiva dal mondo falso e vuoto di valori che lo circondava e nel quale era vissuto, cercando nella natura e nelle sue creature i segni dell'amore divino. Francesco considerava tutti gli esseri del creato come fratelli e sorelle con le quali instaurare un rapporto d' amore. Nel suo "Cantico delle Creature" questo sentimento si spinge fino ad abbracciare la stessa natura inanimato. San Francesco interpreta la relazione fra uomo e natura non come il dominio del primo sulla seconda ma come un rapporto di uguaglianza fra tutte le creature dell'universo. Nella sua particolare concezione religiosa, conflittuale con la chiesa ufficiale dei suoi tempi, esprime una visione, molto vicina per esempio a quella dei Nativi Americani, per i quali  tutte le creature sono uguali nel creato con gli stessi diritti di rispetto e di amore. Il poeta e filosofo americano David Henry Thoreau nel 1845 si costruì una capanna di legno nei boschi vicino al lago Walden nel Massachusetts, per vivere solitario in mezzo alla natura. Questa esperienza di vita libera nei boschi aveva il significato di affermare la possibilità di una vita semplice fuori dal progresso sempre più invadente che non condivideva. Durante questa  esperienza, continuata per oltre due anni, scrisse "Walden, ovvero la vita nei Boschi", divenuto negli anni sessanta del nostro secolo, una fonte di ispirazione per i giovani radicali americani  e gli hippies che teorizzavano il ritorno alla natura e il pacifismo militante contro la guerra del Vietnam. Il saggio pacifista di D.H.Thoreau, "La Disobbedienza Civile" sembra abbia suggerito a Gandhi la sua teoria politica della "resitenza passiva".

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